La FISH e il carcinoma uroteliale

 

Nella diagnostica precoce del carcinoma uroteliale, l’esame citologico può talvolta non fornire un risultato inequivocabile (cioè negativo o positivo). È il caso delle cosiddette atipie citologiche lievi-moderate il cui riscontro, nonostante possa non avere un significato patologico, non può tuttavia essere trascurato, rendendo obbligatori ulteriori approfondimenti strumentali anche invasivi. Talvolta questi sono inutili dato che nel 65% dei casi le atipie riscontrate non sono di origine neoplastica.

Nella sorveglianza per l’insorgenza di recidive nei pazienti trattati per carcinoma uroteliale, l’esame citologico non fornisce sufficienti garanzie di sensibilità (50% circa di falsi negativi) per confermare l’esito negativo di una cistoscopia (a sua volta affetta da un 30% di falsi negativi).

La FISH interfasica quantitativa delle cellule uroteliali, in grado di rilevare con estrema sensibilità e specificità le cellule neoplastiche, risponde appieno a queste due esigenze.

È infatti noto da oltre 100 anni che le cellule tumorali sono sempre caratterizzate da aneuploidia, ossia dalla diminuzione e/o dall’aumento del numero di copie di alcuni cromosomi. L’aneuplodia nasce da una disfunzione del fuso mitotico che, a cominciare dalla mancata divisione di una coppia di un singolo cromosoma, tende ad autoalimentarsi portando mitosi dopo mitosi, ad un completo caos cromosomico con conseguente perdita della differenziazione cellulare, ed espressione in eccesso o in difetto di proteine.


Ogni tumore è caratterizzato, almeno nelle prime fasi, da un particolare pattern di perdita/guadagno cromosomico. In effetti, nelle cellule uroteliali neoplastiche si assiste ad un aumento del numero di copie dei cromosomi 3, 7, 17 e, talvolta (solitamente nelle forme meno invasive), alla sola perdita totale del cromosoma 9.

Mediante la tecnica FISH è possibile contare le copie di tali cromosomi e quindi è possibile svelare la natura neoplastica delle cellule atipiche osservate.

 

Cos'è

La FISH interfasica quantitativa delle cellule uroteliali è eseguibile presso il Centro Diagnostico Italiano di Milano (anche in convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale).

L’esame viene effettuato mediante l’utilizzo di un sistema automatico di acquisizione ed elaborazione di immagini in microscopia a fluorescenza (Ikoniscope), che permette di ricercare con una estrema sensibilità le cellule uroteliali in evoluzione neoplastica, grazie all’elevatissimo numero di cellule analizzate.

La percentuale di cellule patologiche sul totale di quelle osservate, correla con la probabilità che la lesione sia presente e con la sua invasività, mentre il grado di polisomia (numero di copie dei cromosomi 3, 7 e 17) correla con il grading. Inoltre, il numero di cellule osservate è indicativo del grado di esfoliazione della lesione.
Il test, condotto sulle cellule provenienti da urine fresche, è assolutamente non invasivo.

La FISH è applicabile solo su materiale citologico?

No, tale metodica è applicabile anche su tessuto, ovvero su materiale bioptico e pezzi chirurgici.
In questo caso è l'anatomopatologo che, in base alla sua esperienza, può decidere di avvalersi della FISH, come ulteriore tecnica ancillare per poter formulare una diagnosi di certezza. Esistono infatti alcune lesioni che, per la loro rarità o per l'elevata discrepanza diagnostica riscontrata tra diversi specialisti, risultano difficilmente inquadrabili. Tale incertezza ed inaccuratezza diagnostica può portare a scelte terapeutiche non ottimali per il paziente.
Tale metodica non richiede ulteriori prelievi di tessuto, infatti Il materiale istologico è lo stesso sul quale il patologo effettua le sue indagini di routine (sezioni istologiche ottenute da tessuto precedentemente fissato in formalina ed incluso in paraffina). Anche il razionale (ricerca di aneuploidia), così come le sonde utilizzate, sono i medesimi i utilizzati per la FISH urine. Trattandosi di sezioni istologiche, cambiano tuttavia i criteri diagnostici utilizzati ed alcune metodiche.

Come si esegue

Le urine, raccolte seguendo le specifiche istruzioni, vanno consegnate al laboratorio la mattina stessa oppure possono essere spedite dopo averle travasate negli appositi contenitori forniti dal CDI.
Le cellule contenute nell’urina vengono dapprima concentrate e quindi depositate su un vetrino.
Un trattamento termico consente l’apertura della doppia elica del DNA e quindi il legame (ibridazione) di piccoli tratti di DNA specificamente complementari (sonde) alla zona del cromosoma da mettere in evidenza.
Le sonde sono fluorescenti e rendono tali anche le zone del cromosoma da mettere in evidenza, quindi ben visibili microscopicamente all’interno del nucleo della cellula.
Ikoniscope® riconosce e registra automaticamente la posizione dei nuclei presenti sul vetrino (fino a 200.000), poi seleziona le cellule sospette che vengono esaminate e fotografate una ad una ad alto ingrandimento (il cosiddetto scanning).
In questo modo si ottengono migliaia di immagini che vanno a costituire un archivio fotografico digitale (la cosiddetta gallery), disponibile per la successiva refertazione.
A questo punto interviene un operatore che scarta le immagini equivoche ed enumera i risultati (il cosiddetto scoring).
Infine l’anatomo-patologo valida i risultati anche sulla base della storia clinica.

Quando prescrivere la FISH interfasica quantitativa delle cellule uroteliali?

1) Come esame di secondo livello nelle atipie lievi-moderate al fine di evitare inutili cistoscopie esplorative.
2) Come test di primo livello nella sorveglianza delle recidive, prima della cistoscopia, per evitare inutili cistoscopie esplorative e passare subito, in caso di FISH positiva, alle indagini strumentali di imaging e quindi alla cistoscopia operatoria.

Guarda l'Educational sulla Fish Cellule uroteliali

Approfondisci: La citogenetica e le lesioni bordeline dell'urotelio

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