La FISH e l'Esofago di Barrett

L’adenocarcinoma esofageo è il tumore solido in più rapida crescita nei paesi occidentali.
Le ragioni di questo aumento non sono facilmente interpretabili, ma la consapevolezza che l’Esofago di Barrett sia comunque una condizione pre-cancerosa fondamentale nella patogenesi della neoplasia ha attratto sempre più l’attenzione di clinici, patologi e patologi molecolari. L’esofago di Barrett è caratterizzato da una fortissima instabilità genomica che ne condiziona la possibile evoluzione maligna. Come gran parte dei tumori la curabilità dell’adenocarcinoma dell’esofago è legata alla sua diagnosi precoce: quando il tumore è confinato all’esofago e prima che sia diventato una malattia sistemica, l’intervento chirurgico porta a guarigione quasi la totalità dei pazienti, se invece il tumore ha dato metastasi linfonodali, la sopravvivenza a 5 anni è intorno al 25-30%.

Grazie a studi condotti negli ultimi anni da gruppi internazionali, sono stati identificati quattro probes specifici per l’evoluzione maligna dell’epitelio metaplastico e displasico esofageo a carico del cromosoma 8, 9, 17, 20). Uno studio rigoroso pubblicato nel 2009 su Human Pathology da un gruppo guidato dal dr. Barr Fritcher, ha permesso di validare l’uso di questi biomarkers nella identificazione della displasia grave e della degenerazione maligna associate all’esofago di Barrett. In questo studio la FISH ha dimostrato una sensibilità di gran lunga superiore alla citologia tradizionale nella diagnosi di displasia grave e di cancro esofageo (82% vs 45% e 100% vs 45% rispettivamente) avendo la istologia esofagea su biopsia come gold standard.

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